Lezioni capovolte e nuove prassi: ecco cosa c'è da sapere

label-2084756_1280Se tecnologici proprio dobbiamo essere allora facciamo in modo di esserlo col cervello. Se dobbiamo educare alle nuove tecnologie – perché, a questo punto, non se ne può proprio fare a meno – facciamolo creando consapevolezza, senso critico e avvedutezza. C’è poco da girarci attorno: ormai non possiamo più prescindere da tecnologia e processi digitali in atto; non possiamo far finta che gli sviluppi tecnologici e sociali della rete internet degli ultimi vent’anni non abbiano cambiato il nostro approccio all’informazione e alla formazione. La continua partecipazione attiva, sia nella produzione di contenuti multimediali che nella fruizione quotidiana di quelli disponibili in rete, sta coinvolgendo tutti in maniera vorticosa, sviluppando reti di utenti che utilizzano, creano, rielaborano e condividono nuovi materiali digitali. Questa rivoluzione ha cambiato il modo fruire delle informazioni e, inevitabilmente, ha influito anche sul modo di apprendere. Per questo motivo si sente sempre più spesso parlare di capovolgere (to flip) quelli che, per molti anni, sono stati i punti cardine dell’attività didattica – lezione frontale e studio individuale a casa – per abbracciare nuove pratiche in grado di cavalcare il processo di digitalizzazione che ha investito anche le scuole. Si è così arrivati al concetto di Flipclass (classe capovolta), un vero e proprio capovolgimento della didattica, in cui lo studente fruisce a casa, e con i suoi ritmi, dei contenuti messi a disposizione dall’insegnante (videolezioni, prodotti multimediali, risorse informative, strumenti interattivi, mappe concettuali, ecc.) mentre la fase di approfondimento, di riflessione, di esercitazione, di applicazione, di collaborazione attiva e coinvolgente viene progettata, proposte, seguita e gestita a scuola dal docente.

In questo nuovo scenario la lezione subisce un cambiamento radicale rispetto a quanto abbiamo vissuto per anni da studenti e insegnanti. Non parliamo poi delle implicazioni pedagogiche che questo cambiamento può comportare e a quanto potrebbe rinnovare anche il senso dell’educare.  Si tratta di stravolgere le strategie didattiche e anche il ruolo e le funzioni di chi insegna. L’aula non è più l’unico luogo dove si produce conoscenza e si acquisiscono contenuti ma, pur mantenendo vivo e fondamentale il suo ruolo (perché nessuna istituzione scolastica – nella sua interezza – può essere sostituita dalla tecnologia), garantisce la facilitazione dei processi di apprendimento, sostiene lo sviluppo delle facoltà cognitive, guida l’acquisizione di competenze in grado di rendere l’individuo libero, creativo e critico facendone parte attiva nella società. Il tutto creando consapevolezza sull’uso delle nuove tecnologie – spesso insidiose e pericolose se fruite in maniera superficiale e non critica.

Questo capovolgimento si basa, brevemente, su due “inversioni”:

  1. Spostare la fase di fruizione dei contenuti prevalentemente al di fuori della scuola, sfruttando i nuovi canali di comunicazione e avvalendosi della crescente e libera disponibilità di risorse educative come testi, prodotti audiovisivi, multimediali, videolezioni
  2. Portare in aula lo studio individuale, lo svolgimento dei compiti, la fase di interiorizzazione dei contenuti.

Per operare queste inversioni si fa riferimento soprattutto a nuove pratiche educative che si basano su nuovi ambienti di apprendimento basati su modelli di lezione che vertono appunto sul ribaltamento della didattica e dei processi di acquisizione del sapere. Tra questi, i più noti sono l’Inquiry Based Learning (tra cui l’IBSE inquiry based science education e il Learning cycle delle 5E), il Peer Learning (peer educatione, peer tutoring, peer counseling e peer collaboration) e il Problem Based Learning.

Ecco la  MAPPA CONCETTUALE FlipClass per capire in cosa consistono questi modelli.

COME ROVESCIARE LA CLASSE

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